Da La Repubblica: Il dopo operazione Cathedral (dirtti riservati)
28 novembre 2010
By Morkhoven
La banda dei pedofili on line

VERONA – Che faccine tristi che hanno. Guardano sempre verso l’ occhio della telecamera, mai quello che stanno facendo. Come se volessero chiedere ai loro aguzzini, quelli che li stanno filmando, che dicono loro come muoversi, dove spostarsi, se va bene così, se sono contenti. Come se volessero assicurarsi di essersi guadagnati qualcosa.

Qualche soldo, la libertà, la fine delle botte, qualcuno ha dei lividi sul corpo. Che faccine tristi che hanno gli attori bambini dei pornofilm per i pedofili. Un traffico internazionale, gestito da una società russa, che un’ inchiesta della Procura di Verona punta a smascherare. Per questo chiederà all’ Interpol di entrare in azione. Hanno faccine larghe, russe, ucraine, zigomi alti e guance arrossate le piccole vittime. Faccine asiatiche, minute, occhi tagliati a mandorla. Faccine nordiche, bionde, di panna e di velluto chiaro. Faccine nere, di carbone, da americalatina. Faccine da miseria, che non sorridono mai. Fanno quello che fanno i grandi quando fanno sesso, né più nè meno, con tutte le varianti, le fantasie, le perversioni degli adulti. In due, in tre, in quattro. Un bambino e una bambina, due bambini e una bambina, tre bambini e una bambina. Due bambini. Due bambine. Un adulto e un bambino. Un adulto e una bambina. Due adulti e un bambino. Due adulti e una bambina. Fanno quello che fanno i grandi. Ma questi sono bambini, solo bambini, il più vecchio non avrà più di dieci anni, tutti gli altri meno.
Cinque, sei, sette anni, ce ne sono perfino di sei mesi. E se ti piace puoi vederteli tutti, scaricarteli nel tuo computer dando al file dell’ orrore un nome bello, fantasioso, che nessuno se ne accorgerà mai, e rivederteli la notte, quando vuoi, quante volte vuoi, rivenderli, scambiarli con quelli come te, quelli che hanno il tuo stesso diavolo dentro. Ce n’ è duemila di video e di foto pornografiche coi bambini in questo sito specializzato per pedofili che ha sede a Mosca e si appoggia, per riscuotere i tuoi soldi, a una banca americana. Hai solo da scegliere, dare il numero della tua carta di credito e pagare in dollari. Clic, cinquantamila lire, poco più, per entrare, e scorrono i video e le foto che volevi. Non ti basta quello che hai visto, vuoi andare avanti? Clic, altre cinquantamila, e i video e le foto si fanno sempre più scabrosi. Non ti basta, ne vuoi ancora? Clic, altre cinquantamila. Vuoi qualcosa di speciale? Clic, ancora cinquantamila. E così via, fino al peggio, in un’ escalation di violenza, in un gioco perverso di scatole cinesi e di dollari che corrono. « Spengo? ». « Spenga, dottore, spenga pure ». Giulio Mario Schinaia, procuratore aggiunto di Verona, pigia un tasto rosso sul suo computer bianco, riposa gli occhi su un paesaggio fulvo di campagna appeso alla parete del suo studio (« Dell’ Oca Bianca, un minore veronese, molto espressivo ») e tira un sospiro. Ne ha quattro, di cd rom così, sono le prove della sua inchiesta sulla pedofilia via Internet, che vuole andare a colpire dove nessuno è ancora arrivato, fino agli organizzatori del traffico su scala internazionale. E’ la più ambiziosa dopo l’ operazione « Cathedral » scattata a Londra due anni fa, che portò in Italia alla scoperta di « Lollov », alias Paolo B., un miliardario torinese che mandava in rete le immagini proibite della figlia seduta sulle sue ginocchia. Schinaia ha arrestato un prete, Don Marco Gamba, 36 anni, parroco di Chiusa San Michele, nel torinese, che aveva una valigia di materiale pornografico relativo ai minori, e numerose foto Polaroid che lo ritraevano « impegnato in giochi sessuali » con due ragazzini della Bassa Val di Susa, di undici e dodici anni. Immagini che venivano scambiate attraverso il web. E’ accusato di violenza sessuale sui minori e traffico di materiale pornografico, sempre relativo ai minori, via Internet. Rischia dieci anni di galera.
Il magistrato veronese ha indagato anche 59 persone, in varie città italiane, tutte « clienti », come il parroco, dello stesso sito per pedofili. Tutti uomini, tutti adulti, la maggior parte di mezza età, sposati, insospettabili, benestanti. Imprenditori, manager, professionisti, funzionari di banca, dirigenti delle poste, impiegati dello Stato. Sono accusati, per ora, di detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori di diciotto anni, ma il magistrato sospetta che abbiano anche diffuso, scambiato e venduto questo materiale. E proprio partendo dai pesci piccoli, dai « consumatori », la procura di Verona punta ad arrivare ai pesci grossi: quelli che organizzano e gestiscono nel mondo la rete di pedofilia via Internet.
Un affare da centinaia di miliardi. « C’ è una rete di dimensioni internazionali molto sofisticata ed agguerrita, con grandi mezzi finanziari a disposizione e un’ organizzazione potente di uomini – dice Schinaia – che ha installato le sue sedi in paesi stranieri, soprattutto in Russia, in Cina e negli Usa, e fa riferimento ad una serie di istituti bancari e di società non sempre facilmente individuabili. Noi siamo partiti dal basso per arrivare in alto, e sono convinto che sia possibile smascherare gli organizzatori del traffico ». Cominciò a gennaio l’ operazione anti-pedofili, ribaltando i metodi tradizionali di indagine, cioè partendo per prevenire invece che aspettando di intervenire. Così fu lanciata « una rete nella rete ». Un’ esca. Un finto sito, dove finti pedofili incontravano pedofili veri, promettendo scambi di materiale scottante e inedito. Abboccò per primo Rino Foradori, 42 anni, presidente di una cooperativa di distribuzione di editoria religiosa, ex esponente del movimento dei Focolarini. Lo arrestarono a Grottaferrata. Poi, quando i pedofili (quelli veri) fiutarono il pericolo e non abboccarono più, la Procura scelse un’ altra strada. Individuò su Internet alcuni siti per pedofili, poi concentrò l’ attenzione su uno solo, quello di Mosca, il più fornito, il più frequentato, e cominciò a scoprirlo, passo dopo passo, come un cliente normale. Sei carabinieri, esperti in computer, vennero dotati di due carte di credito con cui pagare gli accessi. Attraverso gli estratti conto della banca risalirono al nome della società russa beneficiaria degli accrediti. Quindi chiesero agli istituto di credito italiani di comunicare i nomi dei clienti che avevano versato soldi a quella società. Ed ecco l’ elenco dei pedofili. Sono di Milano, Roma, Torino, Genova, Bologna, Napoli, Venezia, Padova, Vicenza, Belluno, Trieste, Brescia, Parma, Modena, Piacenza, Bergamo, Monza, Biella, Como, Asti, Pavia, Chieti, Savona, Forlì, Grosseto, Ascoli Piceno, Siracusa. Sono tutti caduti dalle nuvole quando hanno visto i carabinieri bussare all’ alba alle loro case con l’ ordine di perquisizione in mano e sequestrare i computer. Come un imprenditore cinquantenne di Venezia, sposato e padre di quattro figli, come un elettrotecnico trentaquattrenne di Udine, padre di due figli, come un insegnante quarantacinquenne di Brescia, padre di tre figli. « Per errore », tutti dicono di essere entrati in quel sito per errore. « Difficile da credere – dice il magistrato – a meno che la loro carta di credito non sia stata usata da qualcun altro a loro insaputa ». Difficile da credere perché tutti gli indagati si sono collegati a quel sito « più volte ». Gli estratti conto, 52mila, 66mila, 113mila, 245mila ogni volta parlano chiaro. « Alcuni di loro si sono collegati a quel sito anche più volte nella stessa giornata e anche quattro, cinque volte di seguito, arrivando a spendere anche tre, quattrocento mila lire al giorno ». Pagando cifre sempre più alte per vedere l’ orrore su quelle faccine tristi. – dal nostro inviato ROBERTO BIANCHIN
da ( la Repubblica — 16 luglio 2000 pagina 24 sezione: CRONACA (diritti riservati)
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